Questo
G20 è pericoloso
Di
Carlo Pelanda (26-9-2009)
Obama ha
dichiarato la fine del G8. La gestione dell’economia globale passerà al G20. Si
tratta di una scelta storica con conseguenze enormi che è meglio valutare
subito per tentare di correggere quelle negative.
La missione
principale del G8 era quella di coordinare le principali potenze
economiche del mondo di allora per la
prevenzione e gestione di crisi a raggio mondiale. Nell’ultimo decennio sono
emerse nuove potenze economiche, quali Cina, India, Brasile, ecc., e le
democrazie occidentali più la
Russia rappresentano una quota minore della ricchezza
mondiale. Pertanto prima o poi sarebbe stato necessario coinvolgere le nazioni
emergenti perché senza di loro non avrebbe avuto senso realistico parlare di
gestione comune del mercato globale. Le nazioni del G20 rappresentano l’85% del
Pil mondiale. Ma ci sono, anzi c’erano, diversi modi per allargare il club. Uno
di questi – proposto nel mio libro la “Grande alleanza” nel 2007, era quello di
includere nel G8 altre democrazie, quali l’India, il Brasile, l’Australia,
ecc., in modo da formare un gruppo omogeneo di nazioni leader basate sul
modello di “capitalismo democratico” e con interessi comuni non solo economici,
ma anche di sicurezza. Tale “Lega delle democrazie”, adottando il nome che
McCain diede nella campagna elettorale del 2008 al concetto di “Grande
alleanza”, sarebbe stato un organismo più solido di governo globale. Quale
differenza con il G20? Questo include la Cina ed altri Paesi basati sul modello di
capitalismo autoritario. I loro interessi fondamentali sono diversi da quelle
delle democrazie. La loro stabilità interna è esposta alla volatilità perché i
cambi di potere, per assenza di istituzioni democratiche, avvengono attraverso
conflitti non regolati che facilmente possono sfociare in destabilizzazioni.
Quanto tranquilli possiamo stare nell’avere la Cina non solo al centro del mercato globale, ma
anche, d’ora in poi, con il potere di influenzarne gli standard? Oggi le élite
cinesi sono di rimarchevole qualità e furbizia, ma si tratta di una dittatura
intrinsecamente instabile. Senza democrazia il modello economico interno resta
sbilanciato per difetto di redistribuzione di massa della ricchezza. La
trasparenza finanziaria in una dittatura è una battuta di spirito. Far
dipendere la stabilità monetaria globale e la nostra ricchezza nazionale dalla
Cina è un atto di sorprendente imprudenza. Includere nel governo globale un
regime nazionalsocialista – che mantiene i campi di concentramento (Laobai)
dove mensilmente muoiono di stenti migliaia di dissidenti – è una resa della
civiltà democratica all’autoritarismo emergente. Senza democrazia il
capitalismo torna selettivo ed instabile. Una Lega delle democrazie sarebbe
stata forte abbastanza per incentivare le altre nazioni emergenti a diventare
gradualmente democratiche. Il G20 a dominio cinese non lo sarà perché non lo
vorrà. Tutto perso, tra cui la rilevanza dell’Italia che nel G20 conterà nulla?
Ovviamente no. Sarà sempre possibile entro il G20 costruire il club
maggioritario delle democrazie. Ma Obama preferisce un G20 che è contorno per
l’accordo G2 tra America e Cina. La seconda comprerà più debito americano e
Obama potrà così accelerare la ripresa statunitense in tempo per usare il
successo nelle elezioni presidenziali del 2012. In cambio Obama ha concesso
alla Cina una configurazione G20 che la porta al centro del mondo. Per questo
il G20 è solo una cornice di un G2 sino-americano che esclude gli europei. Per
questo la priorità è bilanciarlo con un G-2 euroamericano, costringendo Obama a
farlo a costo di ricattarlo come ha fatto Pechino.
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